I campi solari tipo CSP (Concentrated Solar Power) sono sostanzialmente un insieme di specchi (chiamati anche “eliostati”) che si muovono per riflettere sempre verso il ricevitore la radiazione solare. Il numero e la superficie degli specchi possono essere molto diversi da campo a campo, ma in linea di massima su un singolo ricevitore si concentra l’energia riflessa da una superficie totale specchiata variabile da qualche centinaia ad alcune migliaia di m2. In Fig. 1 è mostrato lo schema base di un campo CSP: in rosso scuro, in primo piano, gli eliostati, ed in verde (sull’asse Z) la superficie ricevente. Così sul ricevitore si produce uno “spot” in cui si concentra la radiazione riflessa dagli specchi.
Una efficiente raccolta dell’energia solare è evidentemente una delle chiavi del successo di un impianto CSP. Ciò non dipende solo dal numero e dalla superfice degli eliostati, ma soprattutto dalla corretta progettazione ottica del sistema. In quasi tutti gli impianti gli eliostati sono gli unici specchi presenti, raramente è presente un altro specchio o sistema di specchi (chiamato “secondario”). Gli eliostati possono essere sostanzialmente di tre tipi: piani, curvi o composti (faceted). La prima soluzione è quella costruttivamente più semplice, ma la dimensione dello spot è in genere maggiore di quella che si avrebbe utilizzando le altre due tipologie di specchi (soprattutto per impianti grandi, però, questa differenza può essere trascurabile); un altro svantaggio è la necessità di utilizzare un numero maggiore di movimentazioni a parità di superficie totale degli specchi. Il secondo metodo è conveniente, soprattutto per piccoli impianti, ma il controllo della corretta curvatura degli specchi in fase di produzione può essere complesso (e quindi oneroso). Il terzo sistema è utilizzato soprattutto per grandi impianti, con singoli specchi di grandi dimensioni, anche fino a decine di m2; richiede in genere un basso numero di movimentazioni ma l’assemblaggio dello specchio composto (che è formato da una matrice di specchi più piccoli) è in genere complicato. In Fig. 2 c’è un esempio di specchio composto (ogni specchietto, in questo caso, ha una curvatura sferica; la forma circolare è adottata per motivi di semplicità costruttiva, anche se evidentemente comporta delle perdite di flusso).
Una volta scelto il tipo di eliostati da utilizzare, è necessario definire la posizione dei singoli eliostati, cioè la distanza a cui devono essere posti gli eliostati adiacenti e la distanza tra le righe di eliostati. Non è possibile valutare queste distanze solo in base all’ingombro meccanico, poiché esistono i fenomeni dello “shadowing” (l’ombra che un eliostato produce su un eliostato adiacente, che quindi raccoglierà meno energia) ed il “blocking”, vale a dire l’intercetto dei raggi riflessi da un eliostato e diretti verso il ricevitore da parte dell’eliostato davanti a lui. Shadowing e blocking dipendono fortemente dalla posizione del sole, e quindi variano in dipendenza dell’ora del giorno e della stagione: anche in questo caso è necessario cercare un compromesso tra rendimento (direttamente proporzionale alla densità di eliostati rispetto alla superficie di terreno utilizzata) e costanza di rendimento (maggiore in assenza di shadowing o blocking, e cioè con minore densità di eliostati).
La dimensione dello spot sul ricevitore dipende, oltre che dalle caratteristiche degli eliostati, sia dalla divergenza solare (cioè dal fatto che la radiazione solare non proviene esattamente da un’unica direzione) sia dalle inevitabili tolleranze costruttive dell’impianto (per esempio, dalla effettiva planarità degli specchi); ambedue causano un allargamento del fascio diretto verso il ricevitore, e su questo lo spot prodotto dai raggi solari riflessi dagli specchi non sarà né un punto né un cerchio o rettangolo definito, ma una figura ovale o circolare che sfuma verso l’esterno (cioè una specie di gaussiana). In Fig. 3 si può vedere la simulazione di uno spot prodotto sul ricevitore.
Il fatto che lo spot non abbia contorni ben definiti comporta la necessità di scegliere la dimensione del ricevitore che rappresenta il compromesso migliore tra raccolta della radiazione e perdite per convezione o irraggiamento. E’ ovvio che questo obiettivo può essere raggiunto solo tenendo conto della dimensione (o meglio, della forma) dello spot e quindi della tipologia di eliostati. In effetti, la maggiore difficoltà relativa alla progettazione del campo sta nell’interconnessione che esiste fra tutti i parametri e le variabili del sistema CSP, quindi è impossibile progettare il campo senza tenere conto del ricevitore e viceversa.
Il ricevitore può essere costituito da una superficie, da un insieme di tubi o da una cavità; in quest’ultimo caso in essa è praticato un foro di dimensioni opportune che consente l’ingresso dei fasci provenienti dagli specchi e che, di fatto, rappresenta la superficie ricevente. In ogni caso lo scopo della progettazione ottica del ricevitore e della scelta dei materiali è quello di massimizzare il suo assorbimento, ed in alcuni casi di assicurare una certa uniformità di irradiamento sul ricevitore.
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